Di qui per nove giorni fui spinto da venti nemici
sovra il pescoso mare. Nel decimo, infine, giungemmo
dei Lotòfagi al suolo, che cibano fiori di loto.
Qui dalle navi al lido scendemmo, attingemmo dell’acqua,
ed i compagni presso la nave imbandiron la mensa.
Quando rempiuti poi si furon di cibo e di vino,
io dei compagni spedii, che andassero a chieder notizie,
che gente fosse quella che pane in quei luoghi pasceva:
due dei compagni scelsi, per terzo v’aggiunsi l’araldo.
Súbito andarono, e giunser vicino ai Lotòfagi. E questi
non macchinarono danno veruno ai diletti compagni:
anzi, cibare i frutti soavi li fecer del loto.
E chi d’essi gustava quel frutto piú dolce del miele,
piú non voleva tornare, recar non voleva il messaggio;
ma rimanere li volea coi Lotòfagi, e loto
perennemente gustare, né darsi pensier del ritorno.
Io li condussi a forza, che pianto versavano, al lido,
li trascinai su le navi, li spinsi e legai sotto i banchi.
Poi diedi súbito l’ordine agli altri diletti compagni
d’entrare senza indugio nei rapidi legni, ché alcuno
piú non cibasse loto, ponendo il ritorno in oblio.
Essi v’entrarono súbito, ai banchi si assisero in fila,
e bianco, sotto i colpi dei remi, fu il mare di spuma.
Max Beluffi, psichiatra, nell’introduzione a “Alice: i giorni della droga” (1971, Milano, Feltrinelli), cita questo passo di Omero (Odissea, IX) e poi così conclude: A noi, stupefatti dinanzi a così presaga intuizione, non resta che chiederci: quanti sono, oggidì, i visitatori dei remoti lidi di Psychedelia che trovano la possibilità di reimbarcarsi sulla nave di Ulisse? …
Da questa storia possiamo ricavare tre lezioni e una strategia
Pima lezione
Seconda lezione
Terza lezione
La strategia
Nel nostro linguaggio diremmo che la strategia di Ulisse è stata quella di allontanarsi il più presto possibile dal buco nero. E il mare si fece bianco di spuma! Bianco come il nostro buco bianco. (leggi anche Il buco bianco e il buco nero)