Quando i familiari di persone che soffrono di dipendenza patologica si rivolgono a La Tenda, raccontano di molti e vari tentativi per aiutare il loro caro in difficoltà.
In genere sono azioni e parole che non hanno dato alcun risultato favorevole e duraturo.
Il percorso Vita Nuova permette a questi familiari di fare un esame di realtà, esercitare il proprio senso critico e trovare una strategia efficace grazie ad alcuni principi fondamentali.
Sette lezioni indispensabili per stabilire una buona relazione di aiuto
Quanto segue è liberamente tratto da un intervento di Michela Girgi, psicologa e psicoterapeuta, che per molti anni ha collaborato con La Tenda (Il buco bianco e il buco nero – Parole, giochi, immagini, voci e pensieri per capire il disagio dei giovani, riconoscere la dipendenza patologica, stabilire buone relazioni di aiuto – Cermenate, 16 marzo – 13 aprile 2023)
Prima lezione: il primo aiuto che possiamo dare a una persona è non danneggiarla. Sembra scontato ma non lo è affatto. Tante volte, per l’ansia di fare, arriviamo a compiere azioni e dire parole che, nonostante l’intenzione di aiutare, non risultano efficaci. Talvolta persino il non fare niente può essere un aiuto molto più efficace rispetto a fare cose sbagliate.
Seconda lezione: per aiutare devo sempre sapere cosa ho di fronte. Ad esempio, se un bambino è ammalato, il genitore consulta il medico, lo ascolta e segue le sue indicazioni. Se non sono sicuro di cosa ho davanti, l’azione che mi viene in mente potrebbe essere controproducente. Se prima acquisisco le conoscenze necessarie diventerò capace di riconoscere bene la situazione che ho davanti e, solo allora, sarò capace di usare bene le risorse che ho a disposizione. Altrimenti meglio non fare nulla.
Terza lezione: aiutare veramente comporta fatica. Si fa con il cuore, ma sempre con fatica. Ad esempio, se un vicino di casa è talmente in sovrappeso che fa fatica ad uscire di casa, posso decidere di aiutarlo andando a fare la spesa per lui. Prendo un impegno e quindi non posso farlo solo quando ne ho voglia o quando fa comodo a me. Questo comporta fatica. Non posso neppure fare solo quello che fa comodo alla persona che aiuto. Non comprerò il cibo che gli fa male, anche se me lo chiede. Devo fare quello che fa bene a lui. Questo ci espone alle critiche degli altri: “poverino, non gli compri neppure un pezzetto di cioccolata che è Pasqua!”. Devo essere in grado di sopportare le critiche degli altri. Quindi farò la spesa seguendo solo le indicazioni mediche sui cibi permessi e vietati. Anche questo comporta fatica.
Quarta lezione: non posso aiutare una persona che non vuole farsi aiutare. Ciò non toglie che comunque ho la possibilità di fare delle scelte fra azioni che possono peggiorare la situazione e azioni che possono non danneggiare. Ad esempio, se il vicino di casa non vuole che io gli faccia la spesa (perché non sono disponibile a comprare i cibi che gli piacciono ma gli fanno male), allora posso negare di andare a comprare anche il giornale. Questo renderà la situazione sfavorevole al suo peggioramento, e favorevole ad un cambiamento, come ad esempio stimolarlo a uscire almeno per andare personalmente a comprare il giornale.
Quinta lezione: nessuno ha l’obbligo di aiutare qualcuno, neppure figli e parenti. È sempre una scelta libera. Questo ha un’importanza profonda perché oltre alla fatica, chi aiuta sentirà anche altre emozioni sfavorevoli, negative e contrastanti, come la rabbia. Se non sono consapevole che sto agendo per mia libera scelta, allora reagirò alla fatica e alle difficoltà con rabbia e emozioni contro la persona che sto aiutando e questo distruggerà tutto l’aiuto realizzato fino a quel momento. Nessuno è tenuto ad aiutare, nessuno è giudicabile se non se la sente o non ha la possibilità di aiutare.
La sesta lezione riguarda uno degli aspetti fondamentali della dipendenza patologica: la mancanza di limiti. Quello che aiuta le persone che ne soffrono è proprio dare loro giusti limiti. Nulla di tutto quello che di solito ci viene in mente: discorsi, vai a parlare con qualcuno, guardati intorno, i problemi veri sono altri e tu ti distruggi da solo, vai nel Terzo Mondo così capisci cosa è la vita davvero … Nulla di tutto ciò serve. La persona sa bene quale problema ha, ma non ha forze sufficienti ad affrontarlo. Vita Nuova serve a comprendere quali limiti dare e come, lungo un percorso apposito, secondo una specifica strategia familiare.
Settima lezione: per aiutare gli altri è indispensabile stare bene noi. Se si ha a che fare con qualcuno che sta male, soprattutto se si tratta di dipendenza patologica, si sta male a propria volta. Non ci si ammala della stessa malattia, ma spesso subentrano depressione, ansia e altri sintomi di malessere. Quindi la prima cosa da chiedersi è: come sto io in questa situazione? Sto bene? Ho le forze necessarie per affrontarla? Se non sto bene, la prima persona da aiutare sono io.
In sintesi
I – non danneggiare
II – no al fai da te, devo sempre sapere cosa ho davanti
III – aiutare è faticoso, non posso aiutare solo quando ho voglia io, non devo aiutare nel modo in cui fa comodo all’altro, devo aiutare con ciò che fa bene all’altro
IV – se la persona non vuole aiuto non posso obbligarla, ma posso fare scelte sui miei comportamenti
V – non sono obbligato ad aiutare
VI – l’aiuto alle persone che soffrono di dipendenza patologica passa attraverso regole e limiti
VII – se voglio aiutare, devo star bene io.
Ti riconosci in questa situazione? Vorresti aiutare una persona con problemi di dipendenza ma non sai come fare?